Parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo (1865)

La Chiesa Parrocchiale del capoluogo, dedicata ai Santi Pietro e Paolo, è un'imponente costruzione neogotica costruita nella seconda metà dell'Ottocento (dal 1865 al 1871). Nel suo volume sulle chiese del Mantovano V. Matteucci (1902, 213-15) la presenta in questi termini:

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Sulla piazza maggiore di Sermide, sopra un rialzo artificiale di terreno, s'innalza la chiesa parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo, costruita modernamente sullo stile gotico lombardo.

La maestosa chiesa, che può contenere diecimila persone, è degna d'una grande città; forse chi ne vede la sola facciata, non può supporre la leggiadria e l'imponenza dei bellissimi fianchi, poiché la chiesa si presenta assai modesta nella sua fronte, non avendo abbondanza di parti decorative. Internamente il tempio è ancora più bello. Formato a croce latina, con tre grandi navate – che non potrebbero ricordare meglio di così lo stile del medioevo, ascendente alle più alte idealità del pensiero cristiano e dell'arte – è tutto dipinto a fascioni bianchi e gialli, che girano sulle pareti e cingono gli archi e le colonne. La luce piove moderata dai finestroni, dalle rose delle navi, della facciata e del coro... [...]

Il tempio fu eretto sulle rovine dell'antica chiesa parrocchiale, consacrata nel 1475; ma fin da parecchi secoli innanzi, cioè, dai primi anni del Cristianesimo, esisteva a Sermide un'altra piccola chiesa od oratorio, della quale non si hanno tracce. Il tempio attuale non fu terminato per la solita causa delle casse vuote, cosicchè il disegno dell'architetto Giovanni Brocca milanese, subì varie modificazioni e specialmente nella facciata, che si presenta troppo modesta al confronto delle grandi e bellissime fiancate. Per tale ragione anche nell'interno si notano alcuni altari barocchi, che furon messi là come riempitivi; si vede l'altar maggiore terminato alla meglio, mentre che nel primo disegno aveva la loggia d'un grazioso tempietto.

L'edificio è stato duramente colpito durante i bombardamenti aerei del 1944-45: il braccio ovest del transetto venne sventrato, il soffitto e le volte di mattoni furono sfondati, i vetri storiati distrutti.

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Nella ricostruzione e nel restauro che ne seguirono l'Altare di S. Antonio venne ridisegnato, affrescato e abbellito di nuove vetrate che raffigurano la vita del Santo; imponenti opere furono realizzate per consolidare la statica dell'edificio, ecc.
Quanto al campanile, la sua costruzione era stata iniziata a fine Settecento ed è stata ultimata – per così dire – solo nel dopoguerra, senza tuttavia perdere il suo aspetto di maestosa costruzione incompiuta.
Entriamo per uno sguardo all'interno del tempio affidandoci alla guida dell'opuscolo La Parrocchiale di Sermide pubblicato nel 1986.
 
La chiesa consiste di 3 navate formate da pilastri con basamento in tufo lavorato. È lunga 65 metri, larga 27 e alta 21 (30 metri all'esterno). Entrati, nella navata est troviamo il Battistero con un affresco di Oscar di Prata raffigurante il Battesimo di Gesù. Successivamente incontriamo l'Altare ligneo di San Giuseppe e quindi l'Altare della Madonna.
 
In fondo alla navata e in fianco all'Altar Maggiore si trova la Cappella del Santissimo abbellita da due tele di rilievo: una splendida Assunta di Giuseppe Bazzani, il maggiore artista mantovano nel Settecento che si formò sui grandi pittori veneti e si ispirò a Rubens per il trattamento della luce e del colore e la bella pala di un altro insigne pittore mantovano, Pietro Fabbri, che raffigura i Sette Santi Fondatori dell'Ordine dei Padri Serviti, l'ordine dell'antico convento del Bassanello chiuso alla fine del Settecento.
 
Sulle pareti opposte del transetto si trovano due affreschi: S. Pietro con le chiavi del Regno e S. Paolo appoggiato all'elsa della spada dipinti con mano vigorosa e felice nel 1950 dal pittore sermidese Franco Gavioli (Dida). Alla maestosità plastica delle figure si unisce una nobile ieraticità di posture che ne esalta il simbolismo di santi protettori della città.
 
Sull'Altare Maggiore c'è poco da aggiungere a quanto scritto dal Matteucci, se non un accenno ai bei bassorilievi bronzei del tabernacolo, opera dello scultore sermidese Roberto Rebecchi. Dietro l'altare troneggia maestoso un coro di noce proveniente da un convento Modenese.
 
Iniziamo la visita della navata ovest dalla cappella della Madonna Immacolata o del Rosario. Il sontuoso altare ligneo è adorno di bassorilievi dorati e di quindici formelle a olio che girano attorno alla nicchia raffigurando i misteri del Rosario
 
Segue l'altare di S. Antonio di cui si è parlato, costruito alla fine della guerra, arricchito di notevoli affreschi della sermidese Elena Schiavi e di vetri storiati che celebrano momenti della vita del Santo.
 
Osservando gli affreschi della Schiavi con la moderna vitalità e sensibilità che li caratterizza viene da osservare che il Novecento ha dato a Sermide una felice generazione di artisti che resta ancora poco studiata e non adeguatamente valorizzata.
 
Più in giù, in fondo alla navata, incontriamo l'Altare dell'Addolorata. Il gruppo ligneo della Madonna con il Cristo morto sulle ginocchia proviene dall'antico convento del Bassanello ed è attorniato da lastre di marmo con i nomi dei Sermidesi caduti in guerra.
 
Fino a qualche anno fa, alla destra dell'Altar Maggiore, era esposto un vigoroso San Sebastiano, ora conservato al Museo Diocesano "Francesco Gonzaga", che qualcuno attribuisce a Lorenzo Costa, scolaro del maestro ferrarese Cosmé Tura. In ragione delle caratteristiche tecniche altri sono propensi ad attribuirlo ad un pittore dell'area padovana vissuto nel giro del grande Giovanni Bellini.
 
Nel patrimonio culturale sermidese sono da includere alcuni interessanti dipinti custoditi nella casa parrocchiale con i soggetti seguenti:
  • Sant'Antonio da Padova (Olio su tela)
  • Figura d'uomo nudo trafitto da una freccia (Olio su tela)
  • Deposizione di Gesù (Olio su tela)
  • Ecce Homo (Olio su tela)
  • Madonna con Gesù Bambino, san Giovannino e Sant'Antonio (Olio su tela)

Interessante è l'archivio Parrocchiale del Capoluogo riordinato in anni recenti – per i registi dei Battezzati, dei Matrimoni e dei Defunti – da Gerardo Menani. Vi sono conservati dei corali a stampa (1490) provenienti dal Convento dei Cappuccini e libri pubblicati nel Cinquecento. Numerose sono le buste di documenti pontifici, vescovili e più probabilmente locali, solo parzialmente esplorate.